I Dolmen di Stonehenge
Ci sono cose che giungono sino a noi dal passato
attraversandolo, esattamente con la stessa forza
con cui bucano la nostra immaginazione; con una
facilità impressiva, perché tanto
più sono cose lontane e longeve, tanto
più possiedono un segreto che racchiude
la loro forza, un fascino talmente potente da
superare la barriera millenaria degli anni. Sappiamo
anche che queste cose ci sopravvivranno, riservando
a noi solo una piccola convivenza in quello che
è il loro cammino. In un viaggio nel tempo
abbracceranno le nostre generazioni a venire,
riuscendo a stupirle finché qualcuno avrà
ragione dei loro segreti.
Stonehenge è una di queste cose.
Secondo le scoperte più recenti della fisica
quantistica che sta rivoluzionando il nostro modo
di pensare dall'approccio al quotidiano sino alle
teorie universali (ancora così incomplete
da sfiorare l'intuizione a causa della miriade
d'implicazioni fantastiche che sfuggono nel loro
interagire agli scienziati e che rappresentano
la porta d'ingresso del futuro prossimo) tutto
il nostro mondo reale è composto dalla
stessa energia, quella dell'universo. Secondo
un rovesciamento della comune logica meccanica
di I.Newton, A.Einstein dimostrò che ogni
cosa percepita da noi come solida, non sarebbe
nient'altro che uno spazio vuoto riempito da una
certa quantità di energia di cui anche
i nostri corpi sono parte. Un esempio? A.Eddington
scrisse che circa 1027 atomi costituirebbero il
nostro corpo, mentre con 1028 corpi umani ci sarebbe
abbastanza materiale per costruire una stella.
Esseri viventi e cose sono dunque fatti dello
stesso 'impasto' energetico di base. Così
pure rocce Sarsen e uomini, per cui dovremmo rapportarci
a Stonehenge con una certa confidenza. Eppure
non è così. Certi preconcetti sono
duri a morire, così come certi misteri
del passato sono restii a cederci il segreto del
loro longevo fascino.
L'alone romantico del cerchio di pietre più
famoso del mondo, è in gran parte sfumato;
merito (o 'colpa'?) della scienza. L'archeologia
-e in buona misura anche una nuova branca nata
da una sua costola, l'archeoastronomia- hanno
sollevato il velo polveroso che ne celava la piena
vista agli occhi della nostra comprensione. Togliendole,
ahimé, anche gran parte di oscura seduzione.
Sull'argomento esiste così tanta bibliografia
esaustiva che non vale la pena elencarla qui.
A partire dal nome, che in origine non era quello.
E' stato stabilito che il termine Stonehenge derivi
dal Sassone, ceppo linguistico apparso a posteriori
sul suolo britannico e quindi anacronistico se
applicato nella narrazione di quest'opera. Ha
a che fare con pietre (stones) 'sospese' (da 'hanging'
e da qui 'henge').
E' stato poi stabilito con rilevazioni terrestri
ed aeree che il grande cromlech è solo
in apparenza isolato in mezzo alla piana gessosa
di Salisbury. In realtà è il fulcro
di un larghissimo insieme di tombe, sepolcri,
tumuli e strutture in pietra -perlopiù
neolitici- che lo rendono omogenea parte nella
logica preistorica di quel paesaggio. Al punto
che i misteri più grandi rimasti oggi irrisolti
riguardano non tanto Stonehenge, che entra ormai
nel suo quinto millennio di esistenza, quanto
l'insieme di questa grande area del territorio
osservata nel suo insieme. Significativo è
il progetto di riconversione conservativa dell'area
limitrofa a quella del monumento principale. Una
zona di cinque chilometri quadrati denominata
Millenium Park e comprendente il terrapieno di
Durrington Walls, il Cursus Barrow e la Avenue,
Woodhenge, Coneybury Henge, il tumulo lineare
di West Kennet e molti altri.
Certo una bassa luna piena, gonfia e tonda che
giochi a rimpiattino fra le immense pietre in
una notte umida e calda, o le lunga dita rosate
del sole all'alba o quelle infuocate del tramonto
che facciano capolino fra quegli inquietanti triliti
sospesi da millenni, contribuiscono non poco a
rendere questo posto unico al mondo. Ma la scienza
non accetta romanticismi. Le metodologie per il
trasporto e l'innalzamento dei poderosi macigni
sono state in gran parte ricostruite. Se tralasciamo
chi vi ha intravisto un luogo di osservazione
delle comete, di dialogo con gli extraterrestri
e un campo d'atterraggio per astronavi aliene,
dopo annosi dibattiti anche le stesse funzioni
del tempio (Cimitero? Osservatorio solare? Luogo
di studio delle eclissi o delle fasi lunari?)
sono state assodate. Ma poiché il consenso
non è ancora unanime, Stonehenge ne trae
ancora vantaggio in termini di magia e suggestione.
Grazie alla datazione con radiocarbonio è
stato stabilito che il monumento in realtà
è molto più antico di quanto si
credesse, che la sua storia prende origine nel
3000 a.C. e che si protrae in ben tre fasi costruttive
che datano quasi un millennio e mezzo, traghettandolo
alla sua conclusione, nel 1600 a.C. in piena Età
del Bronzo.
A riprova della sua unicità grandiosa,
nel 1986 l'UNESCO ha ufficialmente inserito il
cerchio di pietre nell'archeologia mondiale tributandogli
il riconoscimento di World Heritage Site. In buona
sostanza un patrimonio culturale per gli abitanti
della terra. Gli sono state attribuite tante paternità,
da quella druidica a quella leggendaria della
saga di Artù, sino alla celebrazione della
sacralità della terra come traduzione alternativa
alla religione da parte dei movimenti New Age.
Forse la giusta interpretazione sta nella testimonianza
dell'archeologa Jacquetta Hawkes quando disse
che "ogni generazione ha la Stonehenge che
merita o desidera".
L'atmosfera antica che evoca questa Danza dei
Giganti può affascinare o rendere scettici
chiunque l'abbia visitato; di certo non lascia
indifferente. Son certo che i nostri pronipoti
si troveranno a svelare gli ultimi misteri che
ancora Stonehenge riserva loro. A quel punto saranno
in grado di farlo. Peccato non esserci.
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