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Celti e Vichinghi
L'antichità delle isole britanniche è
costellata di incontri tra queste due etnìe
in fondo non così dissimili. Confronti
quasi mai piacevoli. Poiché i contatti
avvenivano di norma lungo le coste o nei poveri
villaggi appena addentro la terraferma ma comunque
raggiungibili risalendo vie d'acqua navigabili,
i Celti giocavano in casa. I Vichinghi, però,
quasi sempre vincevano anche in trasferta.
Predoni per eccellenza calati dalle spesse nebbie
del nord Europa, questi ultimi erano maestri nel
tendere imboscate e saccheggiare con tecniche
simili a quelle dell'odierna guerriglia condotta
con limitate task-forces. Ciò che interessava
loro in terre celtiche erano sì lo stagno
e l'ambra, il giaietto e ogni sorta di manufatti,
ma prima ancora la merce per eccellenza: schiavi.
Liberi e astuti, spietati e opportunisti, trovavano
oltremodo sconveniente sacrificare gente della
loro etnìa -che consideravano superiore
al punto da definirsi 're dei mari'- nonché
i propri equipaggi composti da navigatori di prim'ordine
(tutti volontari e senza l'ombra alcuna di schiavi
che si sarebbero potuti ribellare ai loro signori
e padroni proprio nel bel mezzo d'uno scontro).
Contavano dunque sulle razzie per procacciarsi
soprattutto braccia con cui colonizzare nuovi
territori. In buona sostanza rifilavano a schiavi
celtici la deportazione per colonizzare territori
come l'Islanda (860 d.C.) o l'ingrato, disumano
compito di dissodare terre aspre e scabre, avare
di vita quanto poteva esserlo ad esempio la Groenlandia
(982 d.C.). Furbi e mortali, dunque.
Ne 'I Guerrieri dei Fiordi' ho messo in opera
la presuntuosa idea d'un confronto socio-culturale
tra le due etnìe, camuffandolo tra azione,
avventura, amore.
In un passaggio a pag. 4 del libro di Caitlin
Matthews "The Celtic Tradition" (Element
Books Ltd. - 1989) tradotto in italiano con il
titolo "I Celti, una antica tradizione europea"
(Xenia Edizioni, Milano - 1993) indagando tra
le origini mitiche delle invasioni d'Irlanda,
l'autrice specifica come il termine irlandese
riferito ai popoli scandinavi fosse Lochlann.
Donnchadh Ó Corráin del Dipartimento
di Storia dell'Università irlandese di
Cork cita in un suo saggio "The Vikings in
Scotland and Ireland" come svariati fossero
gli appellativi riservati alle genti del nord
che regolarmente invasero l'isola di smeraldo
nel corso dei millenni: Lothlend, Laithlind, Laithlinn,
Lochlannach, Lochlainn. Di questi la parola Lochlann
risulta largamente la più usata.
Il termine risale molto addietro nel tempo, a
quel periodo che data l'insediamento delle prime
popolazioni nelle isole britanniche, a quell'epoca
remota cui fanno riferimento i cicli mitologici
delle invasioni d'Irlanda. Per coordinare in modo
organico la mia tetralogia 'Il Romanzo dei Celti',
l'ambientazione è quella della tarda Età
del Bronzo. Pertanto è giusto rapportarsi
a loro con l'appellativo di Lochlann e non certo
di Vichinghi.
Dunque bisogna un po' intendersi. Utilizzando
l'arcaico termine Lochlann, queste popolazioni
vengono collocati nel corretto periodo storico.
Si tratta degli stranieri Gennti, i predoni che
scendevano dal nord per saccheggiare prima, colonizzare
e mercanteggiare per arricchirsi poi. Erano un'etnìa
con solo un abbozzo di regole sociali, che festeggiavano
solo tre periodi di ricorrenze in un anno (Jol
/ Yule, Sigr Blot / Litha, Vetr Naetr), senza
quella coesione che fa di un'accozzaglia di tribù
di cacciatori o agricoltori una nazione. Erano
pertanto dei proto-vichinghi.
Il primo uomo di cui vi siano prove d'esistenza
nella penisola scandinava fece capolino dalla
profonda preistoria nella regione di Østfold,
non lontano dall'attuale confine tra Norvegia
e Svezia. La datazione col radiocarbonio lo fa
risalire a 10.000 anni fa, quando la distesa di
ghiacci iniziò a ritirarsi da quelle terre.
Il punto della terraferma in cui sono state rinvenute
tracce dell'accampamento era allora con ogni probabilità
un'isola oltre la linea della costa. Nel 1.600
a.C., epoca della mia ambientazione, i reperti
mostrano un'organizzazione agricola al sud e più
marcatamente di cacciatori al nord. Del resto
non vi sono tracce scritte in quanto, al pari
dei Celti, i Lochlann non facevano uso della scrittura,
almeno sino al X sec., quando erano ormai influenzati
della colonizzazione cristiana.
Anche dei termini utilizzati si ha maggiore conoscenza
se riferiti ad epoche posteriori al 1.600 a.C.
Non esistono documentazioni riferite a quel periodo.
Per cui si può solo 'presupporre' ed intuire
la povertà del linguaggio di allora. In
alcuni casi, pertanto, l'uso di certi termini
può essere cronologicamente improprio,
anche se il condizionale è d'obbligo in
quanto non si può neppure negare il contrario:
non è detto che vocaboli riportati in epoche
successive all'Età del Bronzo non fossero
utilizzate anche prima di allora con sfumature
di diversità. Anzi; con la conferma dello
stesso ceppo linguistico è ben probabile
che siano proprio 'derivate' da espressioni antecedenti.
In questo contesto emerge un dato storico assodato:
migrazioni di stirpi indo-europee si stabilirono
nella penisola scandinava attorno al 4.000 a.C.
muovendo dall'Asia centrale. Successivamente è
proprio nella media Età del Bronzo che
popolazioni proto-germaniche causarono profondi
mutamenti: un'invasione che di pacifico aveva
ben poco. Orde di genti presumibilmente conosciute
come 'Popolo delle Asce' provocò un violento
scontro tra civiltà: gli aggressori non
avevano migrato per migliaia di chilometri senza
nutrire la ferma volontà di sterminare
per dominare. Ne seguì un lungo periodo
di guerre, finché il 'Popolo delle Asce'
ebbe la meglio e colonizzò i territori
dell'attuale Scandinavia. Del sistema socio-culturale
che vi avevano trovato ne distillarono usi e costumi
più vantaggiosi, ma in linea di massima
imposero i propri princìpi guerrieri. E
da questi discesero i connotati dell'etnìa
Lochlann prima e Vichinga poi.
Sebbene col termine Vichinghi si riaccenda un
concetto ben radicato nell'immaginario popolare
per l'alone di mistero, leggenda e avventura che
li circonda, i Vichinghi propriamente detti ebbero
un excursus storico relativamente breve e molto
più recente. Si va infatti dalla fine dell'VIII
sec. con le prime scorrerie nel sud dell'Inghilterra,
al 1.066 d.C. anno della loro sconfitta ad opera
di Guglielmo il Conquistatore.
E' comunque a questi pronipoti dei Lochlann che
vanno i meriti maggiori. I Vichinghi raggiunsero
le attuali coste francesi e s'inoltrarono nelle
terre dei Sassoni. Dopo aver conquistato il Baltico,
i Rus (etnìa svedese) mosse verso sud-est
discendendo il Volga e il Dnepr sino al mar Nero,
poi al mar Caspio e addirittura a Costantinopoli
e Baghdad. Altra analogia: al pari dei Celti,
anche i Vichinghi non costituirono un impero reale.
Mossi dal bisogno di terre coltivabili, dalla
necessità di vivere in un clima migliore,
dalla sovrappopolazione, furono soprattutto un'etnìa
di avventurieri del mare che portarono a compimento
viaggi ed esplorazioni straordinarie. Grazie ad
imbarcazioni insuperabili per quei tempi in termini
di velocità, resistenza e acquaticità,
con poco pescaggio adatto anche alla navigazione
fluviale e la possibilità d'essere brandeggiabili,
ossia caricabili in spalla per attraversare tratti
di terreno. Nell'896 d.C. tale Bjarni Herjolfsson
sbarcò in nord America. Fatto ancor più
stupefacente fu che gli riuscì di tornare
a casa, organizzando altri viaggi che segnarono
anni di spedizioni per colonizzare l'attuale Terranova
canadese. In soli due secoli e mezzo i Vichinghi
realizzarono gesta che hanno ancor oggi dell'incredibile.
Non dissimili da quelle fiabe che sgorgavano dalle
sorgenti iperboree nell'antica cultura scandinava,
che narravano degli uomini delle rade, dei fieri
navigatori padroni del mare quanto possono esserlo
dei corsari, e delle loro gesta umane eroiche
in misura pari a quelle degli dèi. Imprese
che se fantasticate prima sarebbero potute sembrare
sogni.
E che invece divennero storia.
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